lunedì 6 maggio 2013

MAY SESSION - NYBA 2013 - MARCO CECCARINI

MARCO CECCARINI



Per l’artista l’opera agisce come specchio catalizzante la natura intuitiva del fruitore che, inizialmente attratto dal piacere estetico trasmesso dall'opera, scopre ad una lettura più attenta quello che egli stesso è in grado di proiettarvi. Quindi l’opera diviene stimolo di autocomprensione.Piccola biografia e introduzione alle opere.
E’ grazie al padre, Maestro d’Arte in legno impiegato presso la locale Scuola d’Arte, che sin da piccolo si trova a trascorrere gran parte del suo tempo tra giovani futuri artisti e le stanze del Palazzo Ducale, dense di storia… assorbendone un senso di "ordine nel fare" che lo accompagnerà per tutta la vita; ma è dalla madre, vissuta sino alla maturità a Chicago, che eredita quella curiosità verso il "nuovo" che lo apre al mondo.
Irrequieto, rimasto orfano di padre, a 16 anni prova a vivere da solo prima a Nizza poi a Venezia ritraendo turisti; esaurita questa esperienza e scioccato dall’inutile violenza innescata dai moti del ’68 parte volontario nella Marina Militare. Finita la ferma termina gli studi e, nel ’73, si diploma come Maestro d’Arte all’Istituto Statale d’Arte di Urbino.
La prima proposta di lavoro la riceve dall’Accademia di Belle Arti di Lecce come assistente di disegno dal vero ma, per varie traversie e impellenti necessità economiche, si divide invece per alcuni anni tra Rimini e la Svizzera operando come grafico, per approdare infine nel ’76 alla Armando Curcio Editore di Roma.
Roma: una occasione irripetibile per immergersi tra le sue innumerevoli opere d’arte. Tra tutte, sono le numerose visite ai Musei Vaticani e alle catacombe cristiane a fargli capire che ogni ‘segno’, ogni ‘colore’ deve essere vissuto e interpretato nel luogo di origine: per "capirli" realmente vanno fruiti con le luci, i suoni, gli odori e i panorami che li hanno ispirati; ciò lo spinge a viaggi in terre e arti lontane nello spazio e nel tempo.
Visita così i luoghi ove vissero Maya, Atzechi, Toltechi, viaggiando in sacco a pelo per non perdersi nemmeno un angolo pur recondito e selvaggio che sia. Visita poi le grotte paleolitiche di Altamira, di Lascaux 2 (così chiamata la sala adattata a replica per la chiusura del complesso originale)… ovunque resta impressionato dalla potenza espressiva (magico/compulsiva) che semplici "segni" riescono a trasmettere. Manca ancora un qualcosa… l’impulso finale arriva guardando i mosaici policromi del Museo del Bardo a Tunisi: sposta così il suo interesse sull’unico popolo che seppe dare diretta continuazione alla civiltà ellenistica e classica per circa mille anni: i Bizantini. Ne scaturisce un affascinante viaggio attraverso la Cecoslovacchia, la Polonia, la Jugoslavia, il Montenegro, la Grecia e infine la Turchia (non dimenticando i mosaici ravennati).
In quegli anni conosce la potenza comunicativa e spirituale di Giovanni Paolo II. Le parole "aprite, anzi spalancate le porte a Cristo" lo liberano delle catene del quotidiano e nel 1980 si licenzia per tornare a Urbino: luogo ideale per lavorare con concentrazione. Presentato dalla Galleria d’Arte Raffaello espone (oltre a varie collettive) al Palazzo Ducale di Urbino sale del Castellare, alla Casa Raffaello di Urbino, alla galleria d’arte Il Prisma di Verona, all’Expo Arte di Bologna ecc.
Il riscontro è favorevole ma è ancora insoddisfatto del suo operare: sente che non ha raggiunto il suo obiettivo "interiore".
In questo periodo (1983) Elio Marchegiani (direttore dell’Accademia di Belle Arti di Urbino) gli offre il posto di assistente di disegno dal vero e Don Italo Mancini (direttore della facoltà di Scienze Religiose all’Università di Urbino) gli propone la cattedra di assistente alla Facoltà di Scienze della Formazione Design e Discipline della Moda, ma rifiuta perché convinto che saper insegnare sia un ‘dono’, ed egli non crede di possederlo.
Marchegiani lo spedisce di forza a Roma dal Prof. Giorgio Di Genova e da esso, oltre all’accettazione della presentazione di una mostra da tenere a Brindisi, riceve un consiglio rivelatosi per lui basilare: compenetrare prima l’arte in toto e solo allora proporsi filtrandola con il proprio "io".
Sono questi gli anni in cui si amalgamano in lui tutte le esperienze vissute e "rivisitate" in questa nuova ottica.
Grazie all’acume della donna che condivide la sua vita, riesce a trovare un giusto equilibrio tra le necessità del quotidiano (il rapporto con gli altri) e l’evoluzione che la sua sfera interiore sta vivendo; quel quotidiano che ora comprende anche tre stupendi figli.
Vi è però un ultimo, arduo ostacolo:
come attirare l’attenzione di un popolo che ‘corre’? Abituato a ‘novità’ artistiche proposte a ritmo incalzante e allo stesso ritmo frenetico pronto a dimenticarle? Come dar forma ad opere che sommando il passato dell’uomo al suo presente facciano sì che ogni accadimento diventi a noi contemporaneo e stimolo propositivo per il futuro? Non sbalordire ma coinvolgere senza tuttavia cadere nella banalità del "simile" o del "già fatto"?
La soluzione che trova è di una complessa semplicità:
sa che i simboli pittorici che hanno accompagnato la storia dell’uomo per millenni fanno ormai parte del nostro DNA;
che l’arte bizantina come l’arte africana, asiatica, dell’america latina etc., è l’espressione più profonda di un amalgama animistico/ spiritualistico/artistico tramandato e arricchito da miliardi di "individualità" per secoli e secoli;
che per farsi capire bisogna altresì parlare un linguaggio a tutti comprensibile, a prescindere dal retaggio culturale;
che la società contemporanea si basa ormai più sull’apparenza dell’essere che sulla sua sostanza, ossia che l’era dell’Homo Sapiens Sapiens è inquinata dall’attacco che Belial (l’angelo ribelle) porta allo spirito;
che in natura esiste un animale che può rappresentare questi cambiamenti sociali in atto: il PAVONE, insuperabile nel suo apparire e maestro nell’attrarre e che inoltre possiede la giusta ambivalenza propositiva che cercava essendo il pavone, in età paleocristiana e medievale, sinonimo di resurrezione e rinascita, rappresentato in calici come "fonte di vita";che il risultato finale dell’opera NON dovrà essere una mera reinterpretazione di varie tecniche pittoriche MA la somma dei mondi interiori posseduti e tramandati da quei popoli, capiti, assorbiti nel proprio intimo, filtrati dalla propria personalità sino a diventare una esigenza espressiva ineludibile e solo allora proposta all’uomo di oggi con un linguaggio che pur vivendo nel presente risalti antichi echi;
che il materiale pittorico nonché la superficie cromatica con esso realizzata avrà una sua particolare influenza inconscia e dovrà essere agganciato all’oggi.
Dalla somma di tutto ciò emerge un linguaggio espressivo, caldo e coinvolgente, in grado di rispondere a tutti i requisiti elencati se pur contemporaneo: il linguaggio del Pavone, l’Ars Pavonis; perché è questo l’uomo che i meccanismi di questa società stanno creando: l’Homo Pavonis (l’uomo del pavone): grazie a questo dualismo insito nel pavone, le opere sono al contempo soddisfazione visiva e messaggio, stimolo per una ri-nascita interiore, vuoi spirituale che morale.
Nascono così opere composte da segni semplici, intrisi di luce, ombra e colore (1) - amplificate da un fastoso gusto decorativo (2) - realizzate con materiali attuali come plastica, metalli, acrilici (3) - utilizzando il linguaggio del Pavone per catturare l’attenzione del fruitore e ridestarne la curiosità assopita (4):
il passato remoto
il passato
il contemporaneo
il futuro
Homo Pavonis: Lui-Elle Homo Pavonis: nocturnus

L’artista crede che il tentativo più "diabolico" escogitato da Lucifero/Satàn/Belial per appropriarsi del nostro "io" sia inquinarci l’esistenza terrena con un sentimento che ha acquisito il nome di ABITUDINE. E’ da questo ‘sentimento’ che vengono infatti attaccati i nostri risultati più eclatanti: abitudine alla vita, alla salute, al benessere ecc.
Osservando le opere a luce radente si evince un profondo distacco tra la materia inerte, piatta (i rilucenti colori del pavone) e quella vitale, con spessore (l’uomo): questa tecnica dà all’artista la possibilità di sottolineare in modo ancor più drammatico la grandiosità dell’evento uomo e il distacco in essere tra noi e la natura; non più vissuta ma percepita ormai, appunto, come sfondo al suo ‘essere del pavone’.
Si può inoltre notare che i materiali adottati sottolineano un aspetto non secondario della vita (ma tremendamente influente a livello di inconscio): l’attimo. Qualunque sia il soggetto, l’attimo è pesantemente inamovibile (anche se l’occhio percorrerà gioiosamente l’opera difficilmente vi troverà punti di ancoraggio) ma fluido nel pensiero che suscita: ciò porterà il fruitore a riflettere su quell’attimo, ma non a immaginarne il seguente: la sua mente balzerà direttamente al complesso quadro generale legato alle problematiche ad esso contingenti. Così ha spalancato una porta sui grandi temi facendo passare il fruitore per ‘il buco della serratura’, il quadro.
Grande fonte di ispirazione in alcuni passi (delle traduzioni) dei rotoli di Qumran; le frasi ‘surreali o poetiche’ che vi appaiono sono apparse all’artista come tasselli mancanti alla sua opera.
 
In essi appare Belial, l’angelo che si voleva sostituire a Dio sottolineando appunto l’attuale momentanea vittoria dell’apparire sull’essere segna un passo avanti: la graduale prevalenza dei colori legati all’apparire soffoca l"Io" e per sottolineare questo aspetto era sua abitudine, durante le mostre, ‘vestire’ alcune persone con abbigliamento riproducente le opere esposte per ricreare un filo diretto tra l’arte e l’uomo.
L’Io si è troppo allontanato dalle sue radici inconsce (effetto luce radente); le meraviglie della scienza e della tecnica sembrano utilizzate quasi esclusivamente come fonte di guadagno e quindi tutto viene proposto come oggetto di consumo, persino i sentimenti. E’ quindi come logica evoluzione l’apparire nei suoi ultimi lavori di sfondi in bianco e nero "rapiti" alla pubblicità: l’ultimo tentativo di creare una riflessione basata più che mai sul quotidiano.
Nella sua tavolozza è quasi totalmente assente l’azzurro.
Il richiamo all’azzurro inteso come separazione tra ciò che crediamo di conoscere e ciò che sappiamo di non conoscere è rappresentato simbolicamente dal piombo per vetrate che usa a mo’ di matita; quelle vetrate che racchiudono da un lato il proprio io e dall’altro l’ignoto, che lasciano intuire quell’infinito che però sappiamo qualcuno ha finito.
Nelle opere degli antichi maestri era affidato al soggetto il compito di trasmettere un messaggio: qui è l’insieme degli elementi pittorici utilizzati che trasmettono un messaggio "emozionale", solo in un secondo momento "tradotto" in immagine dal fruitore stesso.
Perché il risultato finale sia ottimale vi è uno studio profondo sulla disposizione dei segni, sull’equilibrio reciproco dei toni e un controllo maniacale sulla fusione tra segno e immagine.
 
La mostra L'Uomo Pavone si ispira alle riflessioni del pensatore spagnolo Baltasar Gracian che nell’operetta Il saggio cerca una risposta alla contraddizione fra essere e apparire. Ceccarini si pone sulla stessa linea di ricerca restituendo negli oggetti e nei dipinti una risposta alternativa a quella di Gracian. La tecnica e l’uso di materiali preziosi rimanda alle raffinate eleganze di Bisanzio e delle corti barocche d’Europa, senza dimenticare le immagini inquietanti delle Secessioni dell’inizio del Novecento.
 
La tecnica d’esecuzione prevede:
progettazione a matita su carta a formato 29,7 x 42 circa (i clienti, al riguardo, potranno avere anche il disegno originale... vi sono collezionisti che li apprezzano);
trasferimento su tela al formato che meglio esprime la "carica visiva" del soggetto;
primo ripasso dell'intero disegno con mestica a filo tipo piombo (non tossico) color oro o argento (come quello utilizzato per le vetrate delle chiese);
copertura totale della tela con acrilico nero/blu scuro;

riempimento delle campiture a pennello con colori acrilici, sfumature a carboncino o ad olio per ottenere colorazioni diverse alla
applicazione dei glitter;
secondo ripasso con mestica oro del disegno (solo i contorni che intendo rendere visibili, i restanti mi serviranno come guida nascosta per le campiture);
inizio riempimento campiture con glitter da me variamente colorati;
completamento dell'opera uitilizzando una pasta semi-liquida a vari colori o pasta metallica sempre semiliquida: distribuzione manuale goccia a goccia con particolare attenzione alla pressione, alla distanza delle gocce e alla quantità del liquido estruso;
applicazione (a materiale asciutto) del calore per aumentare la massa della pasta utilizzata.

S possibile consiglio ingrandire le immagini per capire il tutto.
Con la luce del sole, risaltano in maniera affascinante i glitter, che man mano si 'spengono' con l'arrivo della sera e allora sopravvanzano le "gocce" colorate che prendono il sopravvento cambiando totalmente il senso visivo del quadro... come tante opere riassunte in una, inoltre visti di profilo restano pienamente fruibili, ecc.


Dal 1980 espone presso varie istituzioni e gallerie in collettive e personali.
Esposizioni del 2011-2012:
19 maggio – 1 giugno: Segnali di oggi
a cura di Daniela Accorsi – Spazio San Giorgio – via San Giorgio 12/A Bologna
29 maggio – 29 giugno: I miti del nostro tempo
a cura di ArteMextempore – Sala del Manescalco - Urbino
29 luglio – 4 settembre : VXIa Rassegna Internazionale d’Arte "G.B. Salvi"
a cura del prof. Gabriele Simongini e prof.ssa Silvia Cuppini – Palazzo della Pretura Sassoferrato
3 settembre – 1° ottobre: XXXVIII Premio Sulmona
Su invito del Prof. Giorgio Di Genova – Presidente Prof. Vittorio Sgarbi -Sulmona
21 ottobre – 30 ottobre: La percezione del vuoto
A cura di Silvia Ceffa e Ilaria Borraccino – Milano e Arona
16 dicembre – 29 gennaio 2012: Premio internazionale Lìmen Arte – Vibo Valentia
Su invito del direttore artistico della manifestazione Prof. Giorgio Di Genova
17 marzo – 7 aprile 2012: Personale alla Galleria L’Acanto
Via Enrico Noe 33 - Milano
5 – 8 aprile 2012: Art Monaco Montecarlo – Grimaldi Forum –
9 giugno – 24 giugno 2012: Seconda Rassegna di Arte Contemporanea Treviso 2012
Casa dei Carraresi, Via Palestro 33
Curatore: Daniel Buso
1 luglio – 31 agosto 2012: personale Galleria Amicucci – Urbino
15 – 30 settembre 2012: Viv’Artes Gallery
Viale Dante Alighieri, 11 – Vittorio Veneto – TV
15 novembre 2012 – 31 maggio 2013: Infinitamente Salvi sguardi contemporanei sull’arte
Assessorato alla Cultura Comune di Urbino – Urbinoinscena 2012-2013 Teatro SanzioMarco Ceccarini. L’uomo pavone - Infinitamente Salvi. Sguardi contemporanei sull’arte è dedicata all’artista urbinate che arricchisce e completa Urbinoinscena (Teatro Raffaello Sanzio) con una sezione dedicata all’arte.
Attualmente vive ed opera in Via dei Gelsi, 1 – 61029 Urbino (PU)






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